Come prendere una decisione secondo etica

Quali sono le domande da farsi? Cosa prendere in considerazione? Cosa sono i bias cognitivi? Quali sono i principali approcci etici?

Tutti quanti, ogni giorno, in qualunque momento, siamo chiamati a prendere decisioni. Il concetto in sé di “decisione” sta a significare taglio, separazione. De-cidere, indica proprio il tagliar via, il mozzare. Questo vuol dire che fare una scelta significa rinunciare a qualcosa. Sempre. Non poter salvare capra e cavoli.

La decisione è quella via da prendere quando non possiamo più ottenere il compromesso o il tanto ricercato win-win. Si tratta di un’azione mai scontata e mai facile perché significa implicitamente che qualcuno sarà scontentato, consapevoli però che il non scegliere scontenta invece tutti. (intendiamoci, anche temporeggiare e astenersi è prendere una decisione, quella cioè di lasciare che le cose siano portate avanti per inerzia, o da altri, o dalle circostanze, etc).

C’è pertanto una componente di coraggio nello scegliere razionalmente, non a caso è un’attitudine della maturità. È tipico dell’infanzia non saper prendere una decisione e dell’adolescenza il farlo impulsivamente. Per questo, per decidere cum grano salis, è importante conoscere chiaramente i tre passi base:

  1. Il dilemma, la questione in oggetto. Studiare il tema con attenzione e analizzarlo sotto più punti di vista;
  2. Sé stessi. Forse la cosa più difficile al mondo. È il motto fondamentale della filosofia, la massima delfica: Γνώθι Σεαυτόν (Gnothi Seauton: conosci te stesso). Vale a dire: tentare di identificare tutti quegli automatismi, più o meno inconsci, per i quali il nostro prendere una decisione razionale è compromesso da bias cognitivi o pregiudizi;
  3. Gli approcci possibili utili ad affrontare il dilemma. Le vie etiche fondamentali che servono per orientarsi e muoversi.

Questi tre punti su menzionati servono a passare dal piano dell’automatismo a quello del ragionamento.

Come prendere una decisione secondo etica: differenza nell'approccio (schema).

1. Analisi preliminare

Come prendere una decisione secondo etica: analizzare il contesto, i dati, le conseguenze (grafico).

1. Contesto. Ogni avvenimento deve essere visto all’interno del suo spazio-tempo, sia interiore (psicologico, o comunque personale) che esteriore (sociale, o comunque pubblico);

2. Dati. La qual cosa non vuol dire necessariamente metriche numeriche, ma raccolta di informazioni sufficiente per analizzare la questione nella sua interezza e complessità;

3. Conseguenze. L’analisi di tutte le possibili conseguenze di una data scelta o di un’altra deve antecedere la decisione, in nome del principio di responsabilità.

Contesto, dati e conseguenze rappresentano la visione prospettica del dilemma. Il punto di partenza sono le cause (soggettive e oggettive); quindi la situazione, l’avvenimento, la questione; infine gli esiti possibili della scelta. Contesto, dati e conseguenze riflettono passato, presente e futuro del dilemma.

2. Fattori psicologici

Prendere in considerazione gli automatismi della nostra psicologia, vuol dire mettersi in discussione, dubitare di sé stessi, valutare ragionamenti alternativi, prendersi il tempo necessario, etc. Ciò non significa essere meno efficaci, ma meno impulsivi. Detenere quella che viene spesso definita una leadership responsabile.

Non faremo qui una lista dei principali bias cognitivi, che richiederebbero un approfondimento apposito e la cui analisi aprirebbe a scenari se vogliamo anche maggiori. Ci limitiamo a vedere i sei fattori psicologico che conducono all’equivoco etico.

  1. Risultati sopravvalutati
    Siamo inclini a equivoci etici quando il risultato atteso è buono (economicamente / eticamente / relazionalmente). Se non ci fosse l’illusione di un vantaggio futuro non metteremmo a rischio il valore del presente.
  2. Cecità motivata
    Tendiamo a non vedere i comportamenti non etici degli altri quando è nel nostro interesse che rimangano tali. Così ci ritroviamo a giustificare o giudicare, perdonare o condannare, non in funzione dell’evento o della situazione in sé, ma rispetto a quanto questa ci tocca.
  3. Illusione etica
    Pensiamo di essere più etici di quanto siamo in realtà. Siamo convinti, in sostanza, di essere delle brave persone, tendenzialmente un po’ migliori degli altri.
  4. Pendio scivoloso
    È più probabile che le persone accettino il comportamento non etico degli altri quando i cambiamenti si verificano lentamente e progressivamente. Cioè? Ci abituiamo a tutto… e un po’ per volta potremmo ritrovarci a fare cose che precedentemente avremmo considerato inaccettabili.
  5. Spillover etico
    Quando le persone entrano in imprese con specifiche norme (non) etiche si adattano alla (mancanza di) etica dell’organizzazione. Essendo esseri relazionali, non abbiamo un apparato etico granitico, ma ci modifichiamo in funzione del contesto.
  6. Negazione di responsabilità
    Gli attori coinvolti in comportamenti corrotti percepiscono che non hanno altra scelta piuttosto che partecipare a tali attività. O, molto più semplicemente, quando una scelta difficile ci tocca, restringiamo la nostra responsabilità non a ciò che sappiamo, ma solo a ciò che ci compete.

3. Approcci etici fondamentali

Una volta messi in evidenza gli automatismi psicologici che conducono all’equivoco etico, bisogna ad ogni modo considerare che questi non possono essere annullati, ma solo “alleviati”. Sapendo che esistono, possiamo riconoscerli prima di prendere una decisione e, quindi, tentare di razionalizzare e comportarci in modo più ponderato.

La prima considerazione da fare, quindi, comincia proprio dal sesto punto appena visto: negazione di responsabilità. Siamo responsabili di tutto ciò che sappiamo e perfino di parte della nostra ignoranza. Questo non significa che ci viene sempre addebitata necessariamente la stessa attribuzione di competenza di chi ha ufficialmente il compito di dirigere una data questione, ma in quanto esseri sempre liberi, siamo chiamati anche a rispondere di qualunque cosa entri in contatto con la nostra libertà.

A riguardo, poi, è bene ricordare che non esiste solo il tribunale legale, vi sono anche il mercato e la società che giudicano il nostro operato. Ma, soprattutto, c’è il foro interiore, la considerazione che abbiamo di noi stessi, dalla quale non possiamo sfuggire in alcun modo. Resta quindi da chiederci: potendo esprimere un giudizio su qualunque azione morale (quindi libera) che ci riguarda, abbiamo una bussola che possa aiutare a prendere le dovute misure? La risposta a questa domanda è positiva:

Come prendere una decisione secondo etica: orientarsi nella decisione

Considerando che rispetto alle decisioni si può avere un atteggiamento di controllo rigido o flessibile e che si possono usare criteri interni o esterni, esistono sostanzialmente quattro possibilità.

Di fronte a una scelta si può dire:

  1. Rispetta la legge, sempre e comunque. Ciò che è consentito è lecito, il resto no. Questo si chiama normativismo (approccio giuridico).
  2. Massimizza il profitto, sempre e comunque. Persegui l’interesse nel massimo delle sue possibilità. Questo si chiama utilitarismo (approccio economico).
  3. Considera le circostanze, non ci sono regole fisse. Fa ciò che è più opportuno per te rispetto all’ambiente che hai intorno. Questo si chiama circostanzialismo (approccio sociologico).
  4. Guardati allo specchio e chiediti: di fronte a questa scelta, chi voglio essere? Che tipo di persona si manifesta? Cosa penso di me? Questa si chiama etica delle virtù (approccio personalistico).
Anpit Italia – 3° lezione. L’imprenditore: la leadership etica nell’impresa

4. Conclusione

L’etica non impone risposte, ma pone domande. Non chiude un discorso, ma lo approfondisce. Scopo dell’etica non è dare un obiettivo ma indicare una direzione. Non dice cosa fare, ma come procedere. Insomma, non serve a niente approcciare all’etica per sapere ciò che è giusto, ma è invece fondamentale per non avere nulla da rimpiangersi nelle varie scelte che si hanno quotidianamente da affrontare. L’etica è la scienza della vita buona e ad essa deve rifarsi chi vuole una vita felice, per sé e per gli altri.


Scritto da Simone Budini, PhD
Professore di Filosofia Politica (Università Pontificia Salesiana)
Project Leader CeSID (Luiss Business School)

Aggiornato il 13 Ottobre 2021


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